L’espressione «terra di martiri» evoca lo stretto rapporto che lega coloro che hanno sacrificato la propria vita per un ideale con i luoghi che ne conservano i corpi e le comunità che ne tramandano la memoria.
A partire dall’Ottocento, la figura del martire si impone quale prodotto caratteristico dell’industria culturale italiana, svolgendo una funzione fondamentale nel racconto della nazione e plasmandone in profondità l’immaginario. La Chiesa cattolica, con l’incessante lavoro della sua fabbrica dei santi, ha continuato ad avere un ruolo trainante in queste dinamiche. Tuttavia, con i processi di secolarizzazione della società, tali schemi narrativi hanno cessato di appartenere in maniera esclusiva al discorso religioso, per divenire parte integrante del linguaggio politico, della propaganda militare, della retorica istituzionale.
La categoria del martire è stata così ripresa e applicata di volta in volta ai soldati morti per il potere temporale del papa e agli eroi dell’epopea risorgimentale, ai caduti delle forze armate e ai combattenti partigiani, ai militari morti in missione di pace e alle vittime della mafia.
Info: Viella